
Con la sentenza n. 22351 del 3 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha riaffermato la rilevanza autonoma del danno morale, censurando la decisione della Corte d’Appello che ne aveva escluso la risarcibilità per assenza di prova, ritenendolo non dimostrato. La Suprema Corte ha richiamato il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass., sez. III, n. 15733 del 17 maggio 2022; n. 20661 del 24 luglio 2024; n. 901 del 17 gennaio 2018), che distingue chiaramente il danno morale dal danno biologico.
Secondo tale orientamento, il danno biologico riguarda la compromissione dell’integrità psico-fisica accertabile medico-legalmente, con ripercussioni sulle attività quotidiane e sulla vita relazionale del danneggiato (ai sensi dell’art. 138, comma 2, lett. a), Codice delle Assicurazioni). Al contrario, il danno morale consiste in una sofferenza interiore, non relazionale, che non è accertabile tramite esame medico-legale.
Pur dovendo la liquidazione del danno non patrimoniale essere complessiva, includendo tutte le conseguenze dell’evento lesivo ed evitando duplicazioni risarcitorie sotto diverse denominazioni per lo stesso pregiudizio, ciò non impedisce una valutazione separata e autonoma delle singole componenti del danno, tra cui rientra la sofferenza morale.
La sentenza impugnata è stata ritenuta viziata da motivazione apodittica e insufficiente, avendo respinto la domanda di risarcimento del danno morale per mancanza di prova senza considerare le presunzioni semplici. Il giudice del merito avrebbe dovuto accertare l’esistenza del danno morale anche tramite elementi indiziari, come la gravità delle lesioni riportate e le circostanze del caso concreto, che possono far ragionevolmente presumere una sofferenza interiore.
In particolare, la documentazione medica prodotta dal ricorrente – attestante un grave disturbo depressivo reattivo e una vescica neurologica – avrebbe dovuto essere valutata anche come indice presuntivo di un pregiudizio ulteriore e distinto rispetto alla lesione biologica. Pertanto, la Corte d’Appello è incorsa in errore nel non riconoscere il danno morale come voce autonoma, disattendendo i principi giurisprudenziali consolidati in materia.